Lettera ad un amico

Caro Carlo,
questa sera sento il bisogno di scriverti per condividere una di quelle emozioni che solo “pazzi” come noi due possono capire. Si è concluso pochi giorni fa il caotico Festival dell’Oriente, manifestazione che da ormai cinque anni ci vede protagonisti come Associazione – Shizuka Bonsai e Suiseki – nel far conoscere l’arte del bonsai. Manifestazione che mi appaga enormemente perché la stragrande maggioranza del pubblico ignora quest’arte, ed io sono lì per due fine settimana a spiegare che gli esemplari in mostra non sono finti, cercando quegli sguardi carichi curiosità nella speranza che qualcuno si interessi e si appassioni tanto da prendersi cura di un alberello, e magari arrivi a considerarli amici… come i miei che seguo e curo da più di quindici anni. Non ti nascondo la soddisfazione nel vedere quando le persone ammirano stupite i miei bonsai, persone che non hanno mai dato un giudizio, un premio, gente comune che esclama “che meraviglia”… e lì capisci che quello che fai crea nell’animo emozioni profonde.
Come ogni volta, quando inizia a calare il sipario su questo bazar orientale si ha la fretta di smontare tutto e tornare a casa. Quest’anno però, oltre alle mie piante in mostra, c’era un aceretto da seme che nella sua semplicità aveva richiamato la mia attenzione (solitamente questi piccoli aceri sono destinati al pubblico per introdurli al mondo bonsai), e che avevo messo da parte. Ma nella confusione l’ho lasciato sotto il bancale, dimenticanza che si è materializzata solo a tarda sera. La mattina seguente, dopo aver ripreso i quotidiani ritmi familiari, mi sono fiondato negli immensi capannoni della fiera di Roma con la speranza di trovare quella piantina nel suo banalissimo vaso di plastica. Le speranze man mano andavano svanendo quando al mio arrivo ho visto che tutto era un ammasso di materiale smontato. Quello che fino a poche ore prima era l’attrattiva principale del pubblico, ora non era altro che un cumulo di materiale accatastato pronto per essere caricato e portato via.
Ma la mia piantina era lì, sotto un tavolo, evidentemente non tanto bella per essere portata via, ma nemmeno troppo brutta per essere buttata nella spazzatura. Era semplicemente lì… e sono convinto che mi stesse aspettando.
Ancora nel suo misero vaso di plastica nero, lei ora dimora accanto alle mie altre amiche. Non so se un domani diventerà tanto bella da essere “sottoposta” agli occhi di curiosi, ma di certo avrà un’attenzione particolare nelle cure, perché è riuscita a diventare protagonista di una delle mie storie di vita.
Ecco cosa è per me il bonsai… un qualcosa che esula dai giudizi degli altri, una storia da raccontare ad un amico come te, un percorso da prendere senza conoscerne il fine. Oggi caro Carlo il bonsai è tutt’altro che questo, ci si incazza e litiga per un premio non preso, e la cosa buffa che si incazzano i proprietari delle piante, quando invece – ad incazzarsi sul serio – dovrebbero essere le piante stesse per come vengono trattate.
Oggi con il bonsai ci si investe, e come dite voi a Napoli “c’è u bissnisse“. Tutti istruttori, professori e maestri! Quelle (poche!) persone che dovrebbero insegnare la vera essenza di quest’arte si possono contare sulle dite della mano. In Italia abbiamo bravi artisti, ma ormai chi ha fatto la storia del bonsaismo italiano, i veri istruttori che da decenni divulgano il bonsai come arte, si sono rotti i cog…ni! Non viene più riconosciuto nemmeno il loro impegno, e così facendo non si ottiene altro che autoisolarli nei loro giardini.
Allora ti dico: non è bonsai anche raccontare questa stupida storia su di un aceretto? Non è bonsai spiegare a chi non ha mai visto un bonsai che quelle piante sono vere e vive? Non è bonsai far capire che un acero non é marijuana, e che se ti rifilano un bonsai di ficus ginseng in realtà ti hanno fregato? Non è bonsai quando ti ritrovi con tante persone che ti chiedono “mi insegni a conoscere quest’arte”?
Quello che è uno splendido hobby è diventato terreno fertile per dare sfogo al proprio Ego! Il Bonsai per me è tutt’altro, non vedo una fine al mio apprendere. Se questo è lo stato di cose nell’attuale panorama bonsaistico, preferisco restare nella mia somma ignoranza continuando a chi come te (ignorante!!!) condivide le proprie emozioni.
Diceva Massimo Bandera alla fine della prima edizione de “Il linguaggio muto della Natura”: la naturalezza del creato non si esprime con il chiasso delle parole ma con la bellezza… il bonsai si fa per amore.
Pensiero pesante e allo stesso tempo leggero che dovrebbe far riflettere tanti appassionati.
Buona notte pazzo amico mio.

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