Il dragone danzante

Il Ginepro Tooryu-no-mai di Kimura Masahiko è considerato il suo bonsai più bello, il numero uno. Effettivamente vi confermo che non c’è nulla di simile al mondo, neppure nello stesso Giappone, un bonsai millenario di incredibile bellezza e forza espressiva. A parte le dimensioni, 145cm di larghezza (!) e 78cm di altezza, questo bonsai è particolarmente importante perché è anche simbolo della affermazione del bonsai contemporaneo che dagli anni ’60 del secolo scorso iniziava a formarsi sulla tradizione del bonsai classico, come movimento artistico.
Il maestro comprò l’esemplare nel 1983 e nel 1985, dopo due anni di coltivazione d’alto vigore, lo lavorò. Nel 1988 ricevette il premio del Primo Ministro. In una delle volte che andai a studiare dal maestro negli anni ’90, mi raccontò una serie di dettagli sull’opera, molto interessanti che vi riporto così come me li disse.

Nel marzo 1985 la radice era già stata compattata per poterla mettere in un vaso piccolo. Certo il maestro era preoccupato dell’intervento drastico, ma poiché pensava di avere sufficiente esperienza bonsai, si è fidato ad eseguire una sfibratura estrema. Del resto vi confesso che il maestro ha in una serra sul retro del giardino una serie di Tronchi di contemplazione, bonsai morti di ginepro, che considera sue piante maestre: gli hanno permesso di capire, sacrificandosi, fino a che punto si può arrivare con le tecniche attuali.
Per il maestro è importante guardare solo la parte più bella della pianta, nella forma della natura, non considerare la parte brutta. Il materiale era di 170cm, e lo ha ridotto facendogli fare 3,5 giri in vaso, portandolo a meno di 80cm. Nonostante fosse certo del risultato, è stata una grande operazione chirurgica e poteva morire. Fu controllato molto nel primo mese dopo la lavorazione: se superava il primo mese era salvo! Per avere successo, ha tagliato una parte di foglie superflue ingiallite per prevenire la perdita di energia, il fenomeno TOYA, un barometro del risultato. Dopo un mese, in aprile ha visto apparire i nuovi germogli.
Masahiko KimuraUna sua frase mitica presso i miei allievi è stata: “L’opera, lo stile, dove si concentra di più la consapevolezza di bellezza spontanea”. Nel marzo 1985 fu rinvasato dopo l’operazione, dopo metà aprile, ormai sopravvissuto ha iniziato a pulire lo shari, l’80% di questo lavoro. Certo la vena larga doveva ridurla in più di una volta, ma l’ha ridotta in quattro volte. Dopo sette mesi, in ottobre era già un bonsai finito. La sua trasformazione è stata raramente rapida. La vena viva fa tre giri, contrastando tra vita e morte con lo shari, con un movimento di risalita emozionante.

– Questa opera non si limita ad una bellezza bonsai, ma è il senso artistico di KIMURA. –

Certo il materiale aveva un sostanziale senso artistico come lavoro della natura, ma essendoci un grande peso della espressione scultorea dello shari, risulta un lavoro di grande elemento creativo per esprimere lo stile moderno, attuale.
Un ginepro che esprime sufficientemente la capacità artistica dell’autore. Un ginepro imponente, lussuoso, e molto delicato allo stesso tempo: si vede che si concentra nella forma dello shari tutta la trasformazione del ginepro.
Con questo bonsai partecipa per la prima volta ad una mostra a concorso, per presentare il suo modo di fare bonsai e gli viene dato il premio Primo Ministro alla 13° Sakufu-ten. Il primo ministro stesso in questa occasione del 1988 gli da il nome di Tooryuu-no-mai, “Il dragone danzante”, richiamando grande attenzione e suscitando grandi emozioni nei visitatori.

Il bonsai è come un Haiku, si deve eliminare il superfluo, tirare fuori dal soggetto concentrando la bellezza che provoca l’emozione.
Il pubblico leggerà con un effetto impressionista in base alla propria sensibilità artistica, trovando emozioni differenti.

Ryan Neil, allievo di Masahiko Kimura, accanto al Dragone danzante

Ryan Neil, allievo di Masahiko Kimura, accanto al Dragone danzante

Questa è la storia del bonsai più famoso.
Ancora nel 2007, in occasione del viaggio del maestro da me in Italia e Spagna, mi raccontò come molti suoi collezionisti vogliano acquistare il Dragone danzante (non ricordo mai se 13 o 16, li confondo sempre con il numero delle sue concubine…), ma non lo vuol vendere, almeno ora, dice che sarebbe una perdita troppo grande. Ancora mi spiegava umilmente che non crede possa essere migliorabile: forse c’è ancora qualcosa di migliorabile mi spiegava, ma va oltre le sue capacità.
Pensa che si possa intervenire in due punti, per cercare la perfezione, ma lascerà questo intervento al futuro, gli servirebbe una rivoluzione spirituale!

Massimo Bandera

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