Oggi intervistiamo… Fabio Pappalardo
Discreto, appassionato e con gli occhi che gli brillano non appena gli si parla di bonsai, Fabio Pappalardo mi ha positivamente stupito per l’attenzione e la ricerca con la quale cura le sue esposizioni, a dispetto della sua giovane età. Entusiasmo ed equilibrio, voglia di imparare ed umiltà, sono soltanto alcuni dei binomi che contraddistinguono questo giovane bonsaista che già fa parlare tanto di se con i suoi esemplari sobri e raffinati. Se questa è la nuova leva del bonsaismo di oggi, vorrà dire che ne vedremo delle belle… | CARLO SCAFURI
Chi è Fabio? Raccontaci un po’ di te.
Mi chiamo Fabio Pappalardo, ho 33 anni ed avendo avuto la fortuna di crescere in una casa circondata dal verde, la mia inclinazione alla natura e alle piante è cominciata all’età di 5 anni, quando aiutavo la mia famiglia a coltivare l’orto. Ho approfondito la materia studiando all’Istituto Agrario dove curiosità, conoscenze e passione crescevano di pari passo. Terminati gli studi ho intrapreso il lavoro da giardiniere specializzato. Tuttora lavoro in un garden che mi permette di ampliare le mie conoscenza e mi sprona in una continua ricerca sulle diverse specie esistenti (aspetto apprezzabile soprattutto nell’ambito di erbe di compagnia).
Com’è nata la tua passione per il bonsai?
Dapprima mi sono appassionato al Giappone: ho iniziato a praticare l’Aikido, disciplina che ha caratterizzato la ma adolescenza, poi mi sono avvicinato all’uso della spada, che ancora oggi pratico saltuariamente. Inoltre sono sempre stato affascinato dalla filosofia intrinseca di questo popolo, alla quale mi sono sentito sempre particolarmente affine. Contestualmente, avendo iniziato il mio percorso di studi sulle piante, si era sviluppata in me la curiosità e la voglia di conoscere e coltivare tutte le specie possibili. Tuttavia non avendo a disposizione un vasto terreno ma costretto in un giardino di piccole dimensioni, anche i miei alberi dovevano essere di taglia contenuta: ecco, il bonsai fu un connubio perfetto.
Una volta capito che per te il bonsai era una cosa seria, qual è stato il tuo percorso di studi?
Inizialmente mi sono iscritto a diversi Bonsai Club e frequentato svariati corsi e workshop. Successivamente ho frequentato per qualche anno una scuola che mi ha fornito le basi della materia. Cinque anni fa ho preso la fondamentale decisione di variare il mio orario di lavoro da full time a part-time (non senza difficoltà) così da poter intensificare il mio percorso di studi. Ho cambiato scuola al fine di poter completare il percorso scolastico e nel mese di febbraio di quest’anno ho conseguito il titolo di istruttore della scuola Jikan-en di Francesco Forno e Fabrizio Zorzi, rispettivamente istruttori IBS e UBI.
Ora i miei studi continuano ogni giorno attraverso la lettura di diversi libri e con la “sperimentazione” sul campo; inoltre il confrontocon Francesco e Fabrizio e chiunque conosca la materia, rimane per me un punto fermo del mio percorso di crescita. Infine, sto progettando un viaggio studio in Giappone dove sotto la guida di un Maestro giapponese potrò ulteriormente migliorare (sperando, in aggiunta, di poter ripetere in futuro più volte questa esperienza).
Quanto ed in che modo è cambiata la tua vita per via del bonsai?
L’arte e la filosofia che sta dietro questa disciplina ha notevolmente influenzato la mia vita. Innanzitutto, ha ampliato la mia ammirazione per la natura, mi ha insegnato che tutti noi, come i nostri bonsai, cresciamo e mutiamo lentamente, ogni singolo giorno e che la pazienza, la costanza e l’impegno sono le chiavi per il successo. Inoltre, mi ha fatto comprendere come un semplice errore di valutazione possa ripercuotersi sul futuro. Infine ai bonsai devo mia moglie! L’ho conosciuta ad un corso base, dove io ero l’istruttore e lei l’allieva. Insomma… tra rame e rami la ragazza si è portata via un bonsai ed il mio interesse per lei.
Dai tuoi allestimenti si percepisce una spiccata ricerca nell’esposizione. Cosa vuol dire per te esporre un bonsai?
Ritengo che una buona esposizione debba suscitare emozioni. E’ questo il fondamento delle mie composizioni. Il senso estetico occidentale è completamente diverso da quello giapponese. Essi hanno una particolare sensibilità strettamente legata alla natura ed ai cambiamenti stagionali, e nel tokonoma hanno sviluppato un sapiente uso degli spazi pieni e vuoti. Ad esempio, la mia esposizione di Arco è un elogio alla primavera inoltrata caratterizzata dalle piogge. Tale elemento era messo in risalto dal tempai dei passeri che su un terreno bagnato e morbido, potevano facilmente catturare il cibo necessario al loro sostentamento.
In sintesi cerco di creare armonia tra gli elementi senza eclissarne nessuno, augurandomi che nello spettatore possano nascere piacevoli sensazioni.
Negli ultimi anni abbiamo potuto apprezzare i tuoi bonsai chuhin. C’è una ragione particolare che ti porta a preferire questa dimensione?
Innanzitutto sono più leggeri e meno ingombranti, fattore molto apprezzato durante i trasporti! Senza considerare che con un giardino non eccessivamente grande, avere solo “Omono” significherebbe ridurre drasticamente il numero di esemplari. La verità è che trovo nella dimensione chuhin il giusto compromesso tra forza e bellezza, una sorta di equilibrio di percezioni che mi porta a preferire cose sobrie, semplici, delicate e raffinate, meno imponenti e vistose.
Hai un’essenza preferita (e se si, perché)?
A dire il vero non riesco a definire un’essenza come la mia preferita. Ognuna, a modo proprio, ha una caratteristica o una peculiarità che la rende affascinante. Ci sono più essenze che mi attraggono particolarmente: amo l’autunno e tutte le piante che “marcano” questa stagione con i loro colori vivaci (aceri, zelkove, evonimi). Inoltre amo i pini (in particolare il silvestre) per il loro senso di austerità; il tasso per l’incredibile malleabilità e forza; il ginepro per gli accattivanti giri delle vene e per la precisione che si riesce a ottenere dopo un’impostazione. Ecco, forse, per quest’ultima peculiarità, apprezzo particolarmente il ginepro perché con le adeguate cure e attenzioni, soprattutto nelle impostazioni, mi offre una sensazione di incredibile perfezione. Per un perfezionista, quale io sono, questa caratteristica diventa importante.
Che cosa significa per te partecipare ad una mostra?
Significa innanzitutto condividere il proprio lavoro con persone che hanno in comune la stessa passione, il che dovrebbe essere uno stimolo per chiunque abbia la possibilità di farlo. Inoltre è un momento di scambio di conoscenze e crescita personale. Insomma cosa c’è di più bello per un bonsaista che partecipare a una mostra colma di esemplari unici e poterne godere la bellezza?
Qual è la tua concezione del premio e cosa ne pensi delle polemiche post-premiazioni che immancabilmente ci sono?
Ricevere un premio è indubbiamente una gratificazione personale ma certamente non deve essere il motivo per partecipare a una mostra, anzi, se mossi dalla passione per quest’arte l’arrivo di un premio diventa solo un valore aggiunto. Le polemiche post-premiazioni, soprattutto sui social, mi lasciano sempre un po’ perplesso e spesso indignato. Personalmente se ho dei dubbi o delle domande preferisco andare a chiedere di persona le motivazioni ai giudici, fermo restando che nel momento in cui ho deciso di partecipare ad un concorso accetto indiscutibilmente il loro responso. Inoltre le polemiche sono deleterie per le informazioni generali, spesso errate, che trapelano, e danno un’immagine distorta di ciò che dovrebbe essere questo movimento.
Hai da poco esposto al Congresso UBI raccogliendo tantissimi apprezzamenti. Cosa pensi dello stato dell’associazionismo in Italia?
Le associazioni dovrebbero essere organizzazioni costituite per svolgere attività nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati, che tendenzialmente concorrono al raggiungimento di finalità comuni. Dovrebbero promuovere la partecipazione e la solidarietà senza rincorrere il proprio profitto personale. Come anticipato prima, frequento una scuola rappresentata da due istruttori di diverse associazioni, UBI e IBS, mi rende conto ogni giorno che la collaborazione porta sempre più frutti della discordia e dell’invidia. Concludendo, auspico un rasserenamento nel panorama bonsaistico italiano!