Intervista ad Antonio Acampora
Sotto la sua guida di presidente, negli ultimi anni il Napoli Bonsai Club si è imposto con autorevolezza nel panorama bonsaistico italiano. Persona discreta e riservata ha una passione ed una cultura davvero invidiabili per tutto quello che riguarda i bonsai ma non solo. Leggendo, o sentendolo parlare, di suiseki, haiku, sumi-e si nota la profonda conoscenza che Antonio ha del mondo orientale e giapponese in particolare.
Quello che più mi ha colpito è il modo che Antonio ha nel porgersi. Quasi con pudore come se non volesse mettersi in evidenza con il suo sapere. Dopo queste poche righe, lascio tutto lo spazio successivo ad Antonio.
Buona lettura.
Giuseppe Monteleone
1. Voglio cominciare questa intervista ringraziandoti per averci concesso il tuo tempo. Per rompere il ghiaccio ti chiedo se puoi raccontarci qualcosa di te.
Sono nato e cresciuto ad Ercolano, lavoro come medico presso la SUN con un contratto a termine, quindi con un’occupazione molto precaria, che però m’impegna quasi tutto il giorno, per tutti i giorni della settimana. Il 1995 è l’anno del mutamento profondo del mio concetto di bonsai, trovando in una libreria, il libro di Paul Lesniewicz “Bonsai”. Leggendo alcune righe della prefazione, rimasi affascinato dal Bonsai e dal suo mondo. Intuii che il bonsai era un mezzo per avvicinare un mondo vivente differente e silenzioso: quello degli alberi. Per questo ho iniziato ad interessarmi di bonsai, e da allora ogni mattina di tutti i giorni, salgo sul terrazzo della mia casa, dove ci sono i banchi d’appoggio, per innaffiare e controllare i miei bonsai. Così inizia la mia giornata… in pratica ho una vita scandita dal ritmo vitale delle mie piante.
2. Inizi a praticare il bonsai nel 1996 e nello stesso anno t’iscrivi al Club che hai guidato fino a pochi mesi fa. È stata la casualità a fare che sia stato così, o hai creduto da subito nelle potenzialità di crescita offerte da un club attivo e attento come il tuo?
Iniziai in quell’anno a frequentare il vivaio Iodice, e li conobbi un gruppo di appassionati bonsaisti, quasi tutti autodidatti e da subito pensammo alla costituzione di un Club per realizzare nel napoletano un punto di riferimento per tutti gli appassionati, e per fornire per primo a noi e agli altri soci che si sarebbero iscritti un bagaglio iniziale d’informazioni corrette sul bonsai. Iniziammo in quell’anno con gli istruttori Massimo Scioppa e Loris Tango, integrati con incontri-laboratori di Armando Lisetto, di Cesare Brusa ecc. L’anno seguente adottammo un progetto didattico in cui gli istruttori L.Tango, D. Mondelli, S. Segneri, ognuno con le proprie peculiarità e competenze, ma uniti nell’operare nel rispetto dello spirito del Bonsai, fornirono ai soci le corrette nozioni sul significato del bonsai e dei suoi aspetti filosofici, estetici e di fisiologia vegetale. Questo è stato sempre il mio convincimento, per la crescita di un bonsaista (e quindi del Club) è importante il confronto, e l’incontro con numerosi istruttori poi il bonsaista privilegerà i concetti, i valori a lui più vicini e affini e che ritiene adeguati.
3. Tre anni dopo accedi alla Scuola d’Arte Bonsai di Suzuki Sensei, posso chiederti il perché di questa scelta? Hai trovato che la filosofia del Sensei fosse quella a te più vicina?
Il bonsai ha un aspetto poliedrico racchiudendo in sé raffinati principi artistici, profondi concetti religiosi-filosofici, simbolismi poetici affascinanti. In un bonsai, per esempio è possibile intravedere la caducità della vita umana in contrasto con il continuo eterno divenire della natura. Una foglia autunnale ricorda allegoricamente il passato, un delicato bocciolo rappresenta il futuro mentre una corolla appena dischiusa può far pienamente comprendere quanto sia breve ed effimero il presente. Ognuno può scegliere il suo ambito d’interesse in quest’universo variegato del bonsai, quello che a me affascinava era nella formazione di un bonsai non solo coltivare una pianta, ma coltivare insieme con essa il proprio spirito: ad es. 1) imparare ad essere paziente, ottenere un bonsai di valore richiede tempo e anni di lavoro. 2) ad essere umile, man mano che si procede nell’esperienza, ci si rende conto di quanto resta da imparare e quanto poco si conosce. 3) ad essere costante, dedicare pochi minuti d’attenzione ogni giorno, per conservare in buone condizioni il bonsai. 4) ad essere curioso, infatti, di bonsai non si saprà mai abbastanza, quindi informarsi, leggere, chiedere ecc. 5) infine a conoscere se stesso, ad esempio se si è impazienti, se si creda che basti volerlo per ottenere tutto e subito le cose che si fanno; se si è volubili e si sa che le passioni durano poco, forse non si è un tipo adatto alla coltivazione dei bonsai. Questa mia attenzione per quest’aspetto del bonsai (che poi è di tutte le arti zen) mi ha portato alla scelta della Scuola d’Arte Bonsai ed iniziare un percorso di otto anni con il Maestro Hideo Suzuki.
4. Nel tuo percorso non mancano neanche la partecipazione alla Bonsai Creativo School ed un percorso di studio con il Maestro Bandera sull’Estetica Bonsai e Cultura Giapponese, mi sembra di capire che il tuo credo sia la conoscenza a largo spettro. Pensi che per chi voglia affrontare un percorso da istruttore, la multidisciplinarità, la conoscenza di più punti di vista, metodologie, idee, siano imprescindibili o si può insegnare a fare bonsai anche con minore impegno formativo personale?
Con la Bonsai Creativo School e con l’Accademia di Sandro Segneri è un cammino iniziato con la nascita del Club e continua ancora oggi, anche Sandro con la sua Accademia ha abbracciato il concetto di multidisciplinarità, ogni istruttore con le sue competenze specifiche è invitato a gestire dei seminari. Penso che chi voglia intraprendere la professione d’istruttore seriamente la conoscenza degli aspetti interdisciplinari del bonsai debba averla, poi ognuno preferirà e approfondirà quell’aspetto del bonsai a lui più congeniale, ad es. la coltivazione, l’estetica, la filosofia ecc.
5. Conoscendoti mi sembra riduttivo parlare solo di bonsai, per questo ti chiedo se ci puoi raccontare come sono stati i tuoi inizi con le arti orientali. Qual è stato l’input che ti ha spinto a percorrerne la via?
Come detto in precedenza lo stimolo è stato il bonsai, una volta compreso che il bonsai fa parte delle arti zen, e che tutte sono collegate tra loro e rispettano gli stessi principi, la curiosità e il cercare di indagare e analizzare è stato il passo successivo (un esempio di legame tra il bonsai e le altre arti zen è stato attuato nell’esposizione sosakukazari della nostra ultima mostra Kokoro-no Bonsai Ten 2013). Così ho iniziato ad interessarmi degli haiku, del suiseki, dello shodo, dell’ikebana, ecc. ed incominciare a leggere e a studiare una serie di testi suggeriti da Massimo Bandera, un istruttore che stimo molto, e che ha un patrimonio di conoscenze vastissimo, oltre alla competenza dell’universo bonsai, con lui si può dialogare dall’astronomia all’opera lirica.
6. Come dicevo in presentazione fino a pochi mesi fa hai retto le sorti del Napoli Bonsai Club, che emozione ti ha dato aver guidato un gruppo di bonsaisti che negli ultimi anni si è distinto in Italia?
Negli anni in cui sono stato presidente le vicissitudini del Club sono state molteplici, ma ciò che ho sempre considerato e cercato di instaurare nel rapporto con i soci è che il club deve sempre dare ai soci un motivo d’interesse, utilità, vantaggio per frequentare il Club. Il motivo d’interesse dei soci è la cura e la realizzazione dei bonsai, uno degli errori che spesso si fa, è quello di considerare il Club come fosse una società di servizi, alla quale il bonsaista deve decidere se associarsi o no, a seconda che quanto è stato fatto o proposto gli possa stare bene o meglio convenire. Se si vuole che il club progredisca, si sviluppi, il socio non deve porsi la domanda “che cosa mi dà il Club”, ma cosa posso fare io per il Club, con le mie idee, con il mio impegno, e partecipazione. Perché se è utile avere un’associazione allora questa deve diventare una cosa propria, alla quale dare il proprio contributo. Ecco questo è il rapporto che ho avviato con i soci del NBC in tutti questi anni. Ed alla fine i risultati sono arrivati, ricevendo riconoscimenti, approvazioni ed elogi per il lavoro che è stato fatto in questi anni nel Club, colmandomi di soddisfazione e gratificazione.
7. Leggendo nel tuo curriculum si vede che collabori per diverse riviste di settore, partecipi alle attività di forum e social media, ma quanto pensi sia importante la divulgazione tramite questi mezzi? Pensi che ci possa essere il rischio che qualcuno li ritenga sufficienti alla propria formazione?
L’obiettivo che il bonsaista deve perseguire, è “imparare”, vivere il Bonsai è un concetto di comportamento, dobbiamo vivere il nostro percorso di apprendimento come qualcosa di mai terminato, qualcosa che necessariamente deve continuare sino a che noi avremo desiderio di occuparci di Bonsai. In noi deve esserci la voglia di scoprire cose nuove, di confrontarsi con gli altri, di conoscere quanto ci sta intorno (per questo sono importanti, i forum, le riviste, i social media ecc.) ed esercitare la nostra passione intensamente col desiderio di fare ogni volta un passo avanti, ed eventualmente accettando le sconfitte.
E’ importante però capire da subito per un neofita che per inoltrarsi e progredire in questo mondo occorre una guida, un istruttore, un maestro che ti dia la possibilità di apprendere la tecnica, oltre che a mettere in funzione creatività e genialità.
Educare l’allievo significa assicurarsi che tale consapevolezza nasca anche quando studiamo nozioni di orticultura o tecniche basilari. È compito del maestro o dell’istruttore fare in modo che questa consapevolezza non vada sprecata. Solo seguendo un istruttore per diversi anni possiamo affrontare i diversi problemi e ricercare e trovare soluzioni, ad approfondire temi tralasciati e considerati meno importanti e, soprattutto, a scoprire nuovi aspetti, non soltanto tecnici, del vivere il Bonsai. Tutto questo non può essere trasmesso dai forum, dalle riviste, e dai social media ecc.
8. Dopo la chiacchierata su argomenti di carattere generale, veniamo a te. Domanda a bruciapelo: bonsai classico o moderno? E soprattutto, ci credi in questa distinzione?
Si ci credo e da quanto detto prima si può intendere che ho un’affinità per quello classico, ma ciò non toglie che bisogna conoscere entrambi per fare bonsai sempre più belli, sono due aspetti, due modi di fare bonsai, non sono uno contro l’altro come spesso si cerca di fare. Il bonsai classico oggi quasi una rarità, ha avuto origine nel periodo Edo, e portato avanti dalla famiglia Kato, Katayama, Yamada, Kurosu fino alla Keido con Susumo Sudo, e Katayama. Il bonsai classico non è un’arte, ma una via, mentre il bonsai moderno è un’interpretazione artistica di una pianta bonsai. Per quello classico lo scopo estetico è quello di raggiungere la bellezza della natura partendo dalla composizione e annullando l’Io, l’opera richiede più di una vita, i bonsai si tramandano in generazioni in generazioni, e l’autore non è più riconoscibile. Questo tipo di bonsai sta diventando una rarità, e come ha detto Sumo, interessa sempre meno persone, sia per i tempi lunghissimi, sia per la difficoltà di avvicinarsi alla naturalezza (Shinzen concetto di natura divina). Si pensa che per raggiungere l’assenza di artificialità, non vada filato, invece il concetto di natura riguardante la vera naturalezza si raggiunge lavorando per tanto tempo in modo da superare la perfezione. Invece in quello moderno, che si fa risalire alla metà degli anni ottanta con Kimura che vinse la Kokufu-ten con il Dragone danzante, c’è un autore riconoscibile, è quasi perfetto ed è un’evoluzione di quello classico.
9. A questo punto una domanda su un argomento che mi è particolarmente caro. Io penso che in Italia si dia molto peso alla tecnica bonsai e un po’ meno “al dopo”, in particolare alle esposizioni? Pensi sia un pensiero condivisibile, ed eventualmente come si potrebbe migliorare in questo senso?
Qui ritorniamo alla risposta precedente, il bonsai classico era esposto esclusivamente nel tokonoma della casa giapponese, mentre quello moderno è esposto nel sekikazari o hirakazari cioè la collocazione dell’esposizione su larghe tavole piatte (es. Kokufu ten). Nello spazio della bellezza arcaico è esposto il bonsai classico dando importanza agli spazi vuoti che lasciano libera la mente di immaginare lo sfondo e i dettagli dell’ambientazione. L’esposizione informale secondo la Scuola Keido nel sekikazari, il kakemono (scroll), i suiseki e i tempai presenti nell’esposizione tradizionale (tokokazari) non sono qui permessi. II bonsai può essere separato dall’ambiente da uno o più pannelli esposto in una nicchia o su appositi tavoli. In qualunque caso, anche se lo spazio assomiglia ad un tokonoma, esso non lo è in modo più assoluto. Preparare il bonsai per un’esposizione è un’arte d’insieme si deve considerare ogni singolo dettaglio. Se l’insieme non è armonico, un albero può perdere in bellezza, al contrario se l’insieme è armonico, anche un albero mediocre potrà venir messo in risalto. Occorrerebbe molta più applicazione e studio su quest’aspetto del bonsai che è stato per molti anni trascurato, ma sembra che adesso molti bonsaisti stanno prendendo consapevolezza e interesse per quest’aspetto del bonsai, e chiedono sempre più chiarimenti e delucidazioni.
10. Rimanendo ancora nel campo delle esposizioni, tu pensi che sarebbe più corretto seguire pedissequamente le regole dettate dai Giapponesi o introdurre varianti che tengano conto della nostra cultura può essere accettato?
Quando si parla di esposizione bisogna sempre considerare le tre forme o tipologia di esposizione: tokokazari, esposizione nel tokonoma con regole rigide tramandate negli anni per un bonsai classico, sekikazari, esposizione lineare su tavole e limitati da panelli es. Kokufu ten, per il bonsai contemporaneo con norme meno rigorose, ma sempre presenti. Ed infine la sosakukazari, esposizione creativa, in questo tipo di esposizione si può introdurre cambiamenti, variazioni che tengono conto della nostra formazione culturale, della nostra inventiva, della creatività, della fantasia. Il problema sorge quando in una mostra allestita come sekikazari come ad es. quella dell’UBI sono esposti bonsai con un’esposizione creativa, allora si realizza mescolanza di stili e forme che è il contrario di quell’armonia che deve essere sempre presente in un’esposizione. Quindi o si danno degli spazi determinati per l’esposizione creativa, e qui si potrebbero scatenarsi i bonsaisti, anche con un riconoscimento per l’esposizione più all’avanguardia, oppure fare una mostra solo in stile creativo, sosakukazari.
11. Domanda personale, nelle righe di presentazione ti ho presentato come un appassionato cultore di tutte , o quasi, le arti nobili giapponesi, ho esagerato?
No, hai ragione sono interessato e attratto da tutte le arti zen, che cerco di conoscere, studiando, ma sono consapevole che solo con una pratica giornaliera di ognuna che può richiedere più dell’esistenza dell’uomo, si può arrivare alla padronanza completa. Padronanza che porta alla conoscenza di quel mondo estetico giapponese che alla fine è un sentimento.
12. A buon punto dell’intervista, non abbiamo ancora fatto cenno alle tue preferenze in campo bonsai. Qual è la specie che maggiormente ti appassiona?
Mi interessano tutte le specie, ognuna ha delle caratteristiche che mi affascinano o che poco conosciamo come le essenze mediterranee, che dovremmo maggiormente sviluppare, ma quelle che maggiormente mi coinvolgono sono le conifere, specialmente i pini che vivono con una riduzione estrema delle proprie pretese.
13. Bonsai e suiseki notoriamente suscitano emozioni. Quando ti fermi davanti alle tue collezioni, le emozioni che affiorano sono sempre le stesse?
Il bonsai è un’arte ed una disciplina, e come tale, non può fare altro che coinvolgere ogni parte del nostro essere. A volte in piedi davanti ad uno splendido bonsai, torna alla mente un paesaggio di montagna o campagna conosciuto durante l’infanzia, a volte i colori di una passeggiata sul mare, di una gita scolastica… Si tratta di un’esperienza emotiva che solo il bonsai è capace di dare. I bonsai mi fanno rievocare il passato, mi tengono legato al presente, perché le piante sono organismi viventi, ma mi protendono anche nel domani perché ogni progetto, si pone un traguardo lontano. Il bonsai non è semplicemente un albero miniaturizzato, né il semplice risultato di una ricerca estetica formale, ma piuttosto la raffigurazione di un universo in cui si può trovare vento, pioggia, neve, fuoco, mare, cielo, e il fluire del tempo. E’ gioia, tristezza, collera, felicità.
14. Prima di chiudere una domanda “spinosa”, credi anche tu che gli eccessivi campanilismi presenti nel mondo bonsai nostrano, alla fine possano danneggiarlo in maniera grave? Se si, pensi ci sia ancora margine per tornare ai fasti di poco tempo fa quando eravamo considerati i migliori dopo i giapponesi?
Penso che questa fase che vedeva bonsaisti e i club gli “uni contro gli altri armati” stia terminando. Oggi la chiusura, l’isolamento è difficile che porti arricchimento culturale, in passato ognuno era chiuso nel suo gruppo, anche per motivi di convenienza e di leadership ed aveva quasi apprensione, sospetto per chi non apparteneva a quel raggruppamento (nei forum in passato quante volte bonsaisti si scagliavano contro altri solo perché apparteneva a quella scuola o a quel club). Tutto questo certamente non ha fatto bene al bonsaismo italiano, penso che quest’andamento lentamente stia finendo, e quasi tutti sono d’accordo per una maggiore partecipazione e condivisione tra club, bonsaisti e scuole bonsai, che non potrà che far bene al bonsaismo italiano.
15. La nostra chiacchierata è giunta al termine, nel ringraziarti per il tempo che ci hai dedicato ti chiedo un saluto per i nostri lettori. Buon bonsai!!
Il saluto e l’augurio che rivolgo a tutti i bonsaisti è che praticando questa passione, il vostro cuore e la vostra mente si riempiono di un sentimento d’appagamento, di serenità, e di gioia.